Ad Averoigne, l'incantatrice tesse
arcane formule magiche che invitano un sole alieno,
o che trascinano giù la luna di Ecate
verso le torri incappucciate di edera.
La sera, dalle loro buie tane,
le vipere strisciano obbedienti, per essere
i messaggeri della sua maledizione;
e i filtri, sgorgati da foglie ingrassate sulle tombe,
colano attraverso i suoi setacci d'argento.
Ad Averoigne, bruni fantasmi emersi
da fossi pestilenziali e da laghi stagnanti
scivolano tra la festa sfarzosa
entro città fuori dal tempo illuminate da torce di fuoco.
Per la morte come per la nascita, il fragore
di campane immutabili ambiguo
continua, mentre satiri scolpiti emettono
dalle bocche di pietra oscura e maligna
un gemito silenzioso e senza fine.
Ad Averoigne attende il mago.
Cosi profondo è il silenzio nella sua cella,
conosce le monarchie infinite
che camminano col tuono, echeggiante
nei castelli di ferro oltre la luna,
rapidamente circondate dall'eternità
e ascolta gonfiarsi le risa bisbetiche
degli Dei che progettano l'era maledetta
e le guerre che i soli dovranno iniziare.
Ad Averoigne la strega canta
accompagnata da lire recuperate da antiche tombe,
e lascia cadere le sue trecce attorcigliate
davanti a un vetro negromantico.
Ella vede passare i suoi amanti
nel sangue estratto dalla vena,
debolmente essi piangono verso di lei, e tutto
il dolore che trovano, la beatitudine che cercano,
è riverberato nelle corde consunte
che narrano di antiche cose.
English original: Averoigne (Averoigne)